Riflessioni dopo l'infortunio mortale sul lavoro del 7 aprile a Grugliasco

Venerdì 7 aprile è in un infortunio lavorativo è morto Simone Canepa nel corso di test nella galleria del vento di Pininfarina, qui a Grugliasco. 
I giornali accennano a verifiche dello SPreSAL relativamente ad aspetti procedurali ed eventuali carenze tecniche. "Accennano". Perché quando gli infortuni lavorativi si allontanano dall'immaginario collettivo, i giornali non sanno bene cosa dire.
Su La Stampa viene data una descrizione del lavoratore deceduto. E questa è una bella cosa. Un infortunio mortale non può essere solo un racconto di una "storia di cui scandalizzarsi". Dietro ci sono persone, famiglie, amici.
Ma poi La Stampa si addentra su un terreno scivoloso... ed inizia a dare i numeri e trarre "conclusioni" prive di fondamento.
Parla di 47.000 infortuni lavorativi in Piemonte nel 2016 di cui poco più della metà in provincia di Torino. Nulla di cui stupirsi visto che in provincia di Torino risiede poco più della metà dei piemontesi.

E quando cita i 76 morti sul lavoro ne attribuisce 27 alla Città di Torino. Ora, sarà anche vero che la prevenzione a Torino non funziona un gran ché bene, ma dalle poche verifiche possibili, risulta che quello sia il numero per la provincia di Torino.
Occorre dire che fino a prima della crisi, gli infortuni mortali in Piemonte erano dell'ordine dei 100 - 110 casi all'anno, metà dei quali sulla strada.
Il giornalista attribuisce il calo ai programmi di innovazione e informazione.
Purtroppo ci sono sempre dei suggeritori e per i media da molti anni gli infortuni mortali costituiscono una informazione dovuta, ma la sicurezza e la salute sul lavoro non sono più un temi centrali per l'informazione.

L'affermazione che gli infortuni sul lavoro siano diminuiti "per programmi di innovazione e informazione" è risibile per svariate ragioni.
1) In Italia gli infortuni sono in diminuzione da oltre 50 anni. SI è scesi da oltre 4.000 infortuni mortali all'anno a meno di 1.000. Ed una volta non si consideravano gli infortuni di alcuni settori e gli infortuni "in itinere" e/o "stradali" che oggi causano circa metà dei morti.
2) se sul lungo periodo la diminuzione è  evidente, non si può dire la stessa cosa sul breve periodo. Gli infortuni su lavoro si riducono se si riduce la frequenza, non il numero assoluto. Occorre anche considerare il numero di addetti occupati ed almeno la distribuzione per comparti produttivi. Per le caratteristiche dei dati, ad oggi si possono fare questi conti solo fino al 2014.
3) E' certo che dal 2008 al 2013 i morti sul lavoro siano diminuiti, ma la causa è in primo luogo la riduzione del numero di addetti occupati. E poi è ben noto che nei periodi di crisi si riduce sempre anche la frequenza degli infortuni....
4) l'innovazione non è una causa di riduzione della frequenza degli infortuni lavorativi gravi. Salvo che non consista nella rottamazione di macchine con carenze di misure di sicurezza.....
5) L'informazione sui rischi è un diritto soggettivo dei lavoratori. La formazione e l'addestramento, possono (sic....!) migliorare le condizioni di sicurezza. Ma occorre stare molto attenti. La normativa (ma ancor prima le conoscenze in materia di prevenzione) dice che le misure di prevenzione vengono prima delle misure di protezione, e che le misure collettive vengono prima delle misure individuali. E le misure tecniche sono sempre preferibili alle misure organizzative o procedurali.
Ora, non esiste una regola generale da applicare in tutti i contesti, ma ogni situazione va letta secondo i criteri sopra indicati. Altrimenti rischiamo di appellarci alla fatalità  o all'imprudenza di chi non c'è più per spiegare e giustificare gli infortuni mortali.
6) Ma posso "dare a Cesare ciò che è di Cesare"? La riduzione dei morti sul lavoro deriva anche da un impegno di molti soggetti tra cui imprese ( ... non tutte uguali ...) e professionisti. Ma un riconoscimento va dato anche agli SPreSAL (e tutte le denominazioni precedenti), o meglio a quella parte di operatori che ci mette l'anima (e poi viene sbertucciata come "dipendente pubblica fannullone...."). Ma non dimentichiamoci che la sicurezza e la salute sul lavoro nascono da lotte operaie e non sono una gentile concessione! Fino a quando sui giornali leggeremo amenità avvilenti, saremo costretti a ripeterlo   
P.S.: Ma gli infortuni mortali, sono solo una piccola parte dei morti causati dal lavoro. Considerando solo i morti da tumori professionali, attualmente, questi sono da 3 a 4 volte i morti per infortuni lavorativo. Sono gli esiti delle condizioni di lavoro di decenni passati ed abbiamo anche imparato che la nocività non è rimasta chiusa dentro la fabbrica. Ed allora occorre rifletterci su, se non altro per non ripetere gli errori del passato. 
E questo è compito - anche - della politica.
Carlo

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