Sicurezza sul lavoro 5 - La mutazione genetica della vigilanza

Come si fa a prevenire la diffusione di una mutazione genetica della vigilanza per la sicurezza e la salute sul lavoro? La prevenzione è possibile, ma occorrono scelte chiare da parte della Regione Piemonte
La vigilanza per la sicurezza e la salute sul lavoro costituisce sicuramente un tassello irrinunciabile degli interventi che il "Servizio pubblico" deve esercitare per garantire la tutela della sicurezza e della salute sul lavoro.
E' anche ben noto che attività di informazione, di assistenza, di formazione sono elementi fondamentali per "produrre" (e "far produrre") sicurezza e salute sul lavoro. Non solo e non tanto per diffondere le conoscenze (cosa sicuramente fondamentale), ma soprattutto per diffondere la cultura della prevenzione.

La legge di Riforma Sanitaria (la "833 del 1978"....) con l'articolo 20 ha definito le linee generali di un modello di intervento da parte del Servizio pubblico (oggi da parte degli SPreSAL). 
In questo modello era ben chiaro il rapporto tra le molteplici attività in carico ai Servizi pubblici ed era ben chiaro che le attività fossero finalizzate alla eliminazione o riduzione dei rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro.
Alle attività di individuazione dei rischi e di definizione delle priorità seguono interventi progettati su comparti produttivi -"interventi di comparto"- o interventi su specifici rischi. Questi interventi interessano (quantomeno in via teorica)  la totalità delle  aziende  di  un  comparto  e/o  la totalità delle aziende  con un determinato rischio [... ancora oggi, un problema rilevante è la corretta identificazione delle aziende appartenenti ad un comparto produttivo o,  ancor più, presentanti un determinato rischio].
Questi interventi sono costituiti da un mix di attività che vanno dall'informazione e sensibilizzazione, alla diffusione di conoscenze sui rischi e sulle soluzioni alle verifiche dell'adeguatezza delle misure di prevenzione e protezione (Le attività di vigilanza, non sono un optional !!!) alle verifiche dell'adozione delle misure prescritte.
In questo contesto è assolutamente evidente che le attività di vigilanza riguardano l'identificazione e rimozione di situazioni di esposizione a rischio (per la sicurezza o per la salute) non gestite correttamente, con imposizione di misure di prevenzione adeguate.
Come ho provato ad evidenziare in un altro post con alcune riflessioni sulle attività di prevenzione  da un po' di anni gli SPreSAL (quantomeno in Piemonte)  hanno crescenti difficoltà ad operare sulla base di progetti fondati su un disegno razionale. 
E' fondamentalmente per l'impegno di alcuni singoli operatori che questo avviene nel settore delle costruzioni ed adesso anche nel settore agricolo. E personalmente ritengo che alcune realtà piemontesi costituiscano delle eccellenze a livello nazionale.
Ma gran parte delle attività SPreSAL avviene sulla base di input casuali: ricerca di responsabilità per casi di infortunio grave o di malattia professionale, esposti, ecc. 
In sostanza il caso governa l'espletamento delle attività di prevenzione.
Questo contesto [ma ritengo che intervengano anche numerosi altri fattori] genera anche una deriva delle attività di vigilanza, che da strumento finalizzato a rimuovere le situazioni di esposizione a rischio tendono a diventare uno strumento per verificare l'ottemperanza alla normativa.
Si potrebbe pensare che in fin dei conti non sia una grande differenza. Ma non è così.
Non è così per la rilevanza di ciò su cui si interviene, per la casualità con cui si interviene, per l'assenza di un disegno prevenzionistico, per l'ottica con cui si guarda ai "problemi".
Verificare se una situazione corrisponde a quanto previsto da norme tecniche non implica "valutazioni" sui rischi connessi e sulla loro rilevanza o irrilevanza. E' un'attività talvolta (molto) complessa, ma se fatta al di fuori del giusto contesto, può essere fortemente deresponsabilizzante. Una macchina, un'attrezzatura, una procedura, un documento può "essere a norma"  o "non essere a norma". La rilevanza prevenzionistica non sta nel "a norma / non a norma", ma nella rilevanza di ciò che si controlla.
E' ovvio che esistono realtà immuni da questo approccio, ma non si può non essere preoccupati dalla tendenza a diffondersi di questa mutazione genetica delle attività di vigilanza
Se in qualche caso può venire in mente Jannacci "Quelli che fanno un certo lavoro da 30 anni e non hanno ancora capito che lavoro fanno, oh yeah"  nella maggior parte dei casi non è così. Ci sono operatori (tecnici o medici) con professionalità elevatissima, che conducono una vigilanza geneticamente modificata.
Credo che la ragione vada ricercata nell'assenza di un governo delle attività di prevenzione, quantomeno in Piemonte, realtà che ho sotto i miei occhi. 
L'assenza di progetti di attività favorisce la deriva verso approcci casuali; l'assenza di una costante e valida attività formativa, finalizzata alla realizzazione di progetti di attività costuituisce un ulteriore fattore di rischio per la vigilanza geneticamente modificata in quanto gli SPreSAL e gli operatori (tecnici e medici) non ricevono chiari obiettivi su cui orientare le attività.
Carlo Proietti

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1 Commenti

  1. Se si osserva la "sicurezza e salute sul lavoro", ci si accorge che si sta diffondendo una vigilanza geneticamente modificata. In che sensio? nel senso che la sicurezza e la salute sul lavoro c'entrano poco con quello che viene fatto. E se sono sempre più gli" addetti ai lavori" che rifloettono sui questo tema, ognuno di noi può pensare alla sua esperienza.

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