Morti sul lavoro

Domenica, in occasione della giornata delle vittime degli incidenti sul lavoro, tutti i giornali e notiziari ci hanno detto che negli ultimi anni i morti sul lavoro (intesi come morti da infortuni lavorativo) sono calati molto, con una riduzione del 20% negli ultimi 5 anni, ma che il fenomeno ha ancora dimensioni drammatiche.
L'argomento è molto meno semplice di quanto possa sembrare ai non addetti ai lavori, ma di questo parleremo in una prossima occasione.
Quello che colpisce è che ancora nel 2013 degli "addetti ai lavori" (???) e di conseguenza i giornalisti parlino di diminuzione dei morti sul lavoro riferendosi alla riduzione  numero dei morti e non alla riduzione frequenza degli eventi.
La frequenza - per chi non "mastica" questi argomenti - è data dal numero di morti / numero di lavoratori (o di ore lavorate) rapportati ad un coefficiente (per esempio 100.000).
Attualmente abbiamo una forte riduzione del numero di persone occupate e delle ore lavorate (in particolare in settori ad alto rischio come le "costruzioni") e, purtroppo, la riduzione del numero dei morti esprime fondamentalmente la riduzione del lavoro, non il miglioramento delle condizioni di sicurezza.
Sappiamo che, storicamente, nei momenti di crisi si è sempre osservata una riduzione degli infortuni, che a posteriori si è potuta interpretare come riduzione della frequenza, fenomeno attribuibile a svariate cause: riduzione dei ritmi di lavoro, svolgimento di attività accessorie a minore rischio. Storicamente la ripresa è segnata da un aumento della frequenza degli infortuni gravi,   
Ma se le morti sul lavoro sono argomento sul quale bastano pochi accenni per sollevare la giusta indignazione, se si è interessati alla prevenzione, occorre fare alcune riflessioni.  
In primo luogo possiamo facilmente prevedere che in occasione della prossima grave sciagura sul lavoro si alzeranno voci unanimi che da sinistra come da destra, dai sindacati alle associazioni datoriali chiederanno più controlli.
Mi dispiace, ma anche in questo caso - se voglio essere utile -, devo purtroppo essere politicamente scorretto. La richiesta di maggiori controlli, per quanto possa essere motivata, corrisponde fondamentalmente ad un processo di rimozione del problema. Nessuno vuole i morti sul lavoro e nessuno vuole riconoscersi in una società che produce questo fenomeno. Ed allora vogliamo i colpevoli e vogliamo i controlli. "Che chi lo deve fare, faccia i controlli, così si mette tutto a posto!". Semplice, no? NO.
Nelle prossime settimane vedremo di capire qualcosa in più sugli infortuni sul lavoro, ma per adesso vediamo di capire alcuni aspetti.
Per oggi ci può bastare una prima riflessione. Attualmente circa la metà degli infortuni mortali sul lavoro avviene su strada: andando a lavorare ("infortuni in itinere") oppure lavorando, mentre si è alla guida o si sta viaggiando per lavoro. ("infortuni stradali"
In Piemonte il numero e la percentuale di morti sul lavoro dovuti ad incidenti stradali è sostanzialmente costante dal 2000 al 2011 (ultimo anno per il quale è possibile calcolare le frequenze ed avere un numero di casi validato.
Sempre in Piemonte dal 2000 al 2010 i morti da incidente stradale (tutti i morti da incidente stradale, non solo quelli da lavoro) si è sostanzialmente dimezzato ( - 47% circa).
In altri termini mentre i morti da incidente stradale si sono dimezzati, i morti da incidente stradale lavorativo sono rimasti costanti. Quindi sul totale dei morti da incidente stradale è raddoppiata la quota di origine lavorativa.
Perché?
Lascio a voi le prime riflessioni.
Carlo


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